Un giorno una tartaruga non tanto grossa né tanto piccola con fare vago disse a sua madre che non poteva vederla: ” Allora ciao mamma, io mi sa che vado” e si mosse frettolosamente verso l’uscita della tana. “Vai dove?” puntualizzò lei mentre si avvicinava all’uscita con molta lentezza. La tartaruga che si era preparata anche per questo tipo di reazione, continuò con il suo fare vago e senza voltarsi simulò una certa fretta “Eh che ridere! Dai te lo ripeto dopo”. Fiera della sua performance velocizzò il passo. Secondo i piani altri quattro metri e sarebbe stata immune da qualsiasi altra domanda. Proseguiva camminando sempre più velocemente ripetendosi tra sé e sé che ne mancavano solo tre, due, solo uno, quando una voce forte suonò perentoria “Tu non vai da nessuna parte senza il tuo guscio. Torna qua subito!”. La tartaruga si fermò e anche da immobile non seppe capire che cosa fosse andato storto nel suo travestimento e per un attimo pensò che l’intelligenza di sua madre avesse qualche cosa di soprannaturale.
Lo zaino era davvero uguale al suo guscio e non era possibile che lei l’avesse davvero notato. Nessuna delle sue amiche ci aveva “neanche minimamente fatto caso” così le avevano detto quando aveva mostrato loro il suo strategico zaino dipinto di verde e marrone. Ma oramai il tempo della riflessione era finito e dovette riconoscere a malincuore la sua sconfitta, ben consapevole che la vergogna sarebbe venuta subito dopo. Si girò lentamente e proprio come gli impulsi al cervello gli avevano fatto immaginare, sua madre era ancora lì sull’uscio della porta e sembrava guardare proprio lei. Dopo un paio di apri-chiudi-apri-chiudi anche gli occhi confermarono il tutto. Cominciò dunque il momento più critico, quello dell’avvicinamento rassegnato e suicida. Più volte aveva pensato che quei momenti erano di estrema crudeltà perché bisognava fare proprio quello che gli altri si aspettavano si dovesse fare, senza troppe variazioni sul tema.
Aggrapparsi all’albero che si trovava alla sua sinistra non era, per esempio, una buona mossa perché sua madre l’avrebbe aspettata lì sotto per tutta la sera. Ormai aveva acquisito esperienza e sapeva che non avrebbe funzionato, anche se particolarmente attrezzata con qualche panino e succo per la cena. Fingere uno svenimento, a quei tre metri di distanza, le avrebbe forse fatto recuperare qualche minuto, ma al risveglio si sarebbe sicuramente trovata rinchiusa a chiave in camera sua. Lo zaino, poi, non ci sarebbe più stato e avrebbe dovuto imprecare con tutte le sue forze per riaverlo ancora tra le sue mani, privato delle sue potenzialità e poteri magici. Non c’era nemmeno più tempo per inventarsi nulla se non quello di procedere dritte con un andante ma non troppo. E così fece con dolce consapevolezza.
Procedette andante ma non troppo fino a che una voce sembrò interrompere bruscamente quelle note di speranza: “Non ho mai visto una tartaruga senza guscio muoversi con questa lentezza per fare solo tre metri!Possiamo muoverci ad entrare come abbiamo fatto prima per uscire, o procedo io con un bel Allegro-danzante?”. Anche la musica era stata schiaffeggiata da un freddo leggio e non rimaneva che il peso della vergogna per un magico zaino dietro le spalle.