In un piccolo boschetto un picchio solitario aveva iniziato a costruire la sua casa in un albero alto e robusto. Tutti i giorni modellava con il suo becco esperto la forma dell’ingresso, quella delle finestre e i vari corridoi della sua nuova abitazione. Era soddisfatto della sua scelta perché c’erano molti insetti nei paraggi che gli garantivano pasti abbondanti e deliziosi. Non allo stesso modo la pensava, invece, un giovane insetto che viveva proprio dentro la corteccia di quell’albero: da quando era arrivato quel picchio la comunità di insetti si muoveva con cautela, tra i pianti di qualche defunto e di qualche ferito. Anche le passeggiate più spensierate con gli amici erano diventate una corsa affannosa per la sopravvivenza, mentre il rumore costante del suo becco non permetteva agli insetti più anziani di riposare serenamente come un tempo. Era un picchio crudele che, con il ritmo del suo silenzio, progettava le sue prossime mosse fino infondo alla corteccia, per fare del corpo indifeso di qualche insetto una carcassa inerme. Era un picchio crudele.
Un giorno il giovane insetto, esausto per le notti insonni e per il dolore, lanciò un grido al cielo:
“Basta! Che vita ingiusta oh madre Natura! Non ce la faccio davvero più.
Perché mai dotare un picchio di un becco così potente in grado di perforare senza indugio persino la corteccia di un albero, dove noi insetti umilmente viviamo, senza difese e possibilità di scampo! Fai qualcosa madre Natura! Caccialo via. E’ un picchio crudele.”
Il grido disperato del giovane insetto catturò l’attenzione del picchio pasciuto che gli si avvicinò nervosamente:
“Voi insetti, così paurosi da scegliervi una casa nascosta dentro ad una corteccia e così ignorata dai molti, voi non sapete di che parlate! Aprite gli occhi al mondo e conoscerete le vere sofferenze di noi picchi, e di quelle dei castori e dei ragni. Le nostre case sono costruire con impegno giorno dopo giorno alla luce del sole, rette dai valori più nobili di madre Natura. Le nostre case testimoniano le nostre responsabilità, progetti e sconfitte.
Ora taci e impara il vero significato del silenzio che è il ritmo delle mie fatiche”.
L’insetto stupito di essere ancora vivo corse subito a ripararsi dentro le crepe della corteccia. Il picchio sempre più innervosito volle precisare:
“Ecco miserabile, fai bene a nasconderti! E volendo potrei farti pentire di tutto quello che hai detto. Ti potrei mangiare in un attimo. La mia vita è fatta di duro lavoro quotidiano! Insetti codardi che non siete altro!”.
Ferito da quanto stava udendo, l’insetto si mise ad sbraitare mentre cercava goffamente di coprirsi con uno scudo di resina:
“Non te lo permetterò! Ho un guscio rigido e zampette leste! Non ti permetterò di mangiarmi, bestia crudele!”.
E il picchio con tono imperiale rispose “Bene! Allora buon lavoro anche a te!”.